Premesso che, come per ogni tappa dello sviluppo del bambino, non ci sono regole rigide perché ognuno ha la sua storia, generalmente l’essere umano impara a trattenere e rilasciare consapevolmente le feci entro i tre anni e per la maggioranza dei casi tra i due e i tre anni.
Si parla di “encopresi” quando persiste un disturbo cronico caratterizzato dall’emissione involontaria e spesso inconsapevole di feci. È distinta l’encopresi primaria, caso in cui il sintomo si manifesta in un bambino che non ha ancora imparato a controllare le feci, dall’encopresi secondaria, di cui si parla quando il problema emerge dopo che il bambino ha già dimostrato di esserne in grado.
Le cause possono essere di natura fisica e alimentare ma in molti casi sono di natura emotiva e relazionale.
L’encopresi ha conseguenze importanti sul piano delle relazioni del bambino e non solo. Il piccolo che soffre di encopresi può essere vissuto dai fratelli come causa di imbarazzo, dal gruppo dei pari spesso può essere deriso e/o isolato, dalla famiglia può essere rimproverato perché non collabora. Il bambino può vivere sentimenti di vergogna che a volte maschera con una apparente indifferenza al problema. L’encopresi di un figlio sottopone i genitori ad un sovraccarico di fatica non irrilevante, legata al male odore, alla quantità di indumenti quotidiani da lavare, alla necessità di spostarsi da casa con numerosi cambi di biancheria, all’imbarazzo, all’ansia e al senso di inadeguatezza.
Se i pediatri hanno escluso la presenza di disturbi fisici (stipsi cronica, anomalie congenite ano-rettali o intestinali, problemi ano-rettali acquisiti quali le ragadi, che potrebbero spiegare l’azione del trattenere per evitare il dolore) e se i genitori già prestano attenzione a una corretta alimentazione e uno stile di vita sano del bambino, è utile rivolgersi ad un pedagogista o ad uno psicologo.
Entrambe le figure professionali possono decidere, a seconda di quanto emerge durante la presa in carico, di lavorare con i genitori, con il bambino e/o con tutta la famiglia.
L’approccio pedagogico che utilizza il Centro LiberaMente consiste nel parlare con i genitori, durante una serie di incontri, non solo del problema encopresi e di come affrontarlo ma del “clima familiare”, delle modalità di relazione genitori-figli e della coppia, degli stili educativi e di vita della famiglia, al fine di favorire lo sviluppo di relazioni equilibrate e sufficientemente serene, importanti per offrire al bambino maggiori possibilità di superare le difficoltà che vive. La scelta metodologica è di lavorare – se possibile – con entrambi i genitori, considerati la risorsa principale per aiutarlo. Normalmente essi sono le figure più significative per lui, le persone che lo conoscono meglio e coloro che, anche se spesso inconsapevolmente, hanno maggiori possibilità di incidere sul suo comportamento, in questo caso sulla fase di apprendimento o ri-apprendimento del controllo delle feci.
* Cinzia Leone è pedagogista, esperta in processi formativi ed educativi, Responsabile pedagogica del Centro LiberaMente di Genova. Lavora da molti anni, anche a livello istituzionale, con i minori e le loro famiglie. Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattate il Centro LiberaMente ai recapiti che trovate cliccando qui o scrivete all’indirizzo cinzia.leone@centroliberamente.com